La London Fashion Week si è conclusa, avvolta da un entusiasmo composto e moderato, dovuto alla morte della Regina Elisabetta II.
I funerali, tenuti il 19 settembre, hanno sconvolto non solo l’opinione pubblica, ma anche la schedule ufficiale, che ha visto ridefinire molti show.
Il governo britannico ha esortato i brand a non cancellare gli eventi previsti dal 16 al 20 settembre (eccetto il 19, giorno dichiarato come lutto nazionale), ma di rispettare il clima di cordoglio con show consoni. Il British Fashion Council invece ha chiesto a designer e brand di astenersi dai party e di mantenere un low profile.
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Pochi i brand in grado di rischedulare gli eventi ufficiali in rispetto della regina, a fronte del
dispendio economico richiesto per la loro organizzazione. Tra questi, Burberry ha preferito
cancellare il suo show, stabilendo una nuova data per l’evento nel giorno di passaggio tra la MFW e la PFW, il 26 settembre, senza condividere info sulla location. Anche Raf Simons ha annunciato di rispettare questo periodo di grande tristezza cancellando il suo show, senza comunicare però
ulteriori date. E’ stato annullato anche l’evento di Prada Beauty, previsto per il giorno 15 settembre, che avrebbe dovuto celebrare il lancio della nuova fragranza Prada Paradoxe.
I brand da non perdere
Amatissima durante questa edizione, prima fra tutti Nensi Dojaka, che per la sua sfilata ha reclutato un casting d’eccezione, che ha visto in passerella Vittoria Ceretti e Emily Ratajkowski, Paloma Elsesser e Jill Kortleve. Parola d’ordine della collezione è Barbiecore, che ha decretato il colore rosa protagonista assoluto. La sua attenzione ai tessuti è palpabile e le sue creazioni in tulle e organza si alternano a pizzo e trasparenze, maglia e paillettes.
Came back home per JW Anderson, che ha scelto il quartiere Soho come set per la sua sfilata. La sua collezione SS23 riflette il surreale rapporto della società con la tecnologia: le sue creazioni subiscono un’alterazione del loro concetto semiotico; si sdoppiano, diventano oggetti comuni, si trasformano da reali a virtuali e viceversa; evocano mondi artificiali e scenari tropicali, intrecciando vibe tanto primordiali quanto futuristiche. Le sue collezioni si intessono di concettualità e di riflessioni.


La sfilata si è conclusa con una maxi t-shirt nera con epigrafe, come sintesi essenziale di ciò che non ci sarà più. In questo caso la Regina Elisabetta. In futuro, a causa del climate change, potrebbero sparire i paradisi tropicali, gli oceani, l’intero pianeta.
Simone Rocha con i suoi layers su layers, le perle, il tulle, volumi di chiffon e fiocchetti crea
un’eleganza fluida, che non ha più genere, ma che si adatta al menswear come al womenswear.
Erdem, sotto le colonne del British Museum, presenta abiti che hanno il profumo di couture e che
nascono come l’evoluzione di archivi artistici, unendo passato e futuro attraverso l’eleganza di
volumi ben studiati, trasparenze e stampe.


La collezione ss23 di Christopher Kane unisce la moda al dibattito contemporaneo sul diritto
all’aborto, attraverso abiti con delle stampe anatomiche piuttosto provocatorie.
Tra i brand emergenti da tenere d’occhio Chopova Lowena e Masha Popova, le cui collezioni sono chiaramente influenzate da vibes anni 2000. Paolo Carzana crea delle collezioni genderless,
handmade e upcycled.


Foto: Vogue.it
Testo: Arianna Chirico